The age of stupid
Mi trovo a scrivere poco dopo un evento metereologico piuttosto importante che si è abbattuto in Toscana, in particolare sulla costa.
Raffiche di vento molto forti, pioggia incessante.
Ne avevamo bisogno dopo due mesi estivi passati solo a desiderare un po’ di fresco, di riparo da quel caldo senza tregua.
Su di me però temporali, vento, grandine, non fanno più l’effetto che facevano anni fa.
“con il cambiamento climatico ci saranno fenomeni meteorologici estremi sempre più di frequente”.
Sarà il clima, sarà l’autunno che si riavvicina, mi è venuta voglia di parlarvi di un film visto tempo fa disponibile su Prime Video: di tratta di “The age of stupid“.
Il film è uscito nel 2009 e la regia è di Franny Armstrong.
La struttura è un misto finzione/documentario: la pellicola si apre con una lunga carrellata di immagini che si susseguono velocissime e mostrano il tempo che scorre e il pianeta terra che progredisce; si avvicendano immagini fino ad arrivare all’anno in cui vive il “protagonista” (interpretato da Pete Postlethwaite), il 2055.
Osserviamo paesaggi desolati, vediamo il celebre cartello “Welcome to Las Vegas” immerso nella sabbia, il Taj Mahal ridotto a rovina, e poi incendi, povertà, deserto, fino ad arrivare ad una torre, in mezzo al mare.
Con l’immagine di questa struttura che si erge tra le onde, comincia la narrazione:
“Benvenuti nell’archivio globale, un enorme magazzino situato a 800 Km dalla Norvegia…”
A parlare è il guardiano di questo archivio, lo vediamo muoversi all’interno della struttura in bicicletta, spiegandoci che nell’edificio sono contenute opere d’arte che si trovavano in tutti i musei nazionali, animali conservati sott’aceto a 2 a 2, e poi anche film, libri, rapporti scientifici, tutti immagazzinati in file.
L’uomo si mette davanti ad uno schermo, ammette che le condizioni in cui l’umanità si trova adesso sono colpa di tutti i comportamenti che abbiamo tenuto fino al 2015, e che “Avremmo potuto salvarci, ma non l’abbiamo fatto.”
Così, inizia una carrellata di spezzoni di documentari, che hanno ad oggetto problemi che sono sotto i nostri occhi ogni giorno.
C’è il tema degli aerei, quindi delle emissioni, soprattutto per quanto riguarda l’India; si parla del cambiamento dei ghiacciai, del paesaggio montano, con una anziana guida alpina francese; si passa all’uragano Katrina, al tema del petrolio delle trivellazioni sui fondali, e ancora la mancanza d’acqua, la povertà.
Si parla anche di guerre, quelle che sono sempre esistite, quelle delle risorse: prima l’acqua, le terre fertili, poi le spezie, i diamanti, l’oro, gli schiavi e il petrolio.
Con amarezza assistiamo all’impatto di queste guerre sulla persone, sui bambini, sul pianeta.
E’ rimasta solo la desolazione. “Attraverso la nostra storia il principio da seguire era quello di lasciare un mondo migliore di come lo avevamo trovato. Questo si chiamava progresso. La ruota, i regolamenti legislativi, la penicillina. Era il nostro patto con i nostri figli e nipoti”.
La riflessione ci porta all’unico credo che unisce il mondo: il dio consumismo.
Il guardiano vede gli anni scorrere, i discorsi restano gli stessi e il 2055 arriva. La morale probabilmente, è che non ci siamo salvati perché non eravamo sicuri ne valesse la pena.
“Io trovo sorprendente che dopo tanto sforzo, l’atto finale della nostra esistenza debba essere un suicidio. Allora perché ho costruito questo archivio? E’ un ammonimento. Non per noi, per noi è troppo tardi. Ma per… bèh, per chiunque o qualunque cosa, alla fine, trovi questa registrazione”.
Perché consiglio questo titolo? Perché anche se è difficile, e anche se tendiamo a rimuovere pericoli futuri dalle nostre teste, il tema ambientale deve essere centrale nel dibattito politico del nostro paesi e di tutti i paesi.
Questo significa che le nostre azioni, più sostenibili, possono non avere effettivi risvolti pratici, ma sicuramente hanno un impatto su governi e aziende, che devono essere costretti a prendere altri tipi di decisioni, in un’altra direzione.
Ovviamente il film mescola tanti argomenti, ognuno dei quali andrebbe opportunamente sviscerato, ma sì, il 2055 arriverà e e gli anni che ci separano da quella data possono solo essere anni di parole o di azione.
I miei precedenti articoli con consigli cinematografici a tema clima e ambiente:
https://www.wipradio.it/2020/12/05/5-film-sulla-sostenibilita-ambientale-parte1/
https://www.wipradio.it/2020/12/21/5-film-sulla-sostenibilita-ambientale-parte2/
https://www.wipradio.it/2022/01/15/non-guardate-su/