Ogni tanto c’è bisogno di un reset, c’è bisogno di tornare a fare cose abbandonate da tempo e di vedere paesaggi diversi dal consueto.
Dovevo parlarvi di gennaio a Bocas del Toro (Panama), lo farò la prossima volta.
Oggi mi preme fissare le impressioni di questo tuffo nel verde e blu delle Azzorre, soprattutto nel verde con tutte le sue sfumature.
L’arcipelago vulcanico delle Azzorre si trova più o meno in mezzo all’Atlantico a circa 2 ore e mezzo di volo da Lisbona e fu scoperto ufficialmente solo tra il 1427 e il 1431 a seguito dell’epopea marittima portoghese volta alla ricerca di nuove terre e punti di appoggio per le grandi navigazioni trans oceaniche.
Per quanto riguarda l’ambito archeologico non sembra esserci nulla di certo, la scoperta controversa di un tesoretto di monete cartaginesi nell’isola di Corvo fatta intorno al 1720 pone diversi dubbi.
Primo fra tutti, avendo di queste monete solo una trasposizione grafica, ci sono dubbi sulla sua autenticità, inoltre è difficile pensare che in epoca fenicia, punica o addirittura romana le risorse delle isole incentivassero una navigazione così pericolosa.
Il loro utilizzo a partire dal rinascimento ha lo scopo di essere la base per le grandi esplorazioni oceaniche, scopo che secoli prima non esisteva.
Quindi i portoghesi arrivarono su isole vergini e ricoperte di foreste.
Il paesaggio che oggi offre Sao Miguel, l’isola principale, è tendenzialmente ancora così anche se antropizzato, ricco di pascoli e di animali da fattoria, villaggi di pescatori e zone rurali e le uniche coltivazioni di tè in Europa.
Ma l’incanto della natura persiste.
Siamo partiti in tre, tutti e tre surfisti, ma con l’intento di non andare solo in mare anche con la voglia di esplorare e fare il bagno letteralmente nella natura.
Certo agosto non è il mese ideale per esplorare nuove mete in pace, ma la logistica del lavoro ha purtroppo imposto questa scadenza.
Più che una cronistoria del viaggio vorrei riuscire a comunicare la bellezza dei luoghi che ho visitato, la natura prorompente carica di acqua, geotermia, verde con tutte le sue sfumature, fiori, animali, terme e l’oceano.
Una terra a tratti dal sapore primordiale, nella quale ti senti ospite e che uscita rispetto e ammirazione. Fra tutti i luoghi, quello che mi rimarrà nel cuore è la foresta del Lagoa di Fogo, con gli alberi di felci, il profumo acuto del giallo Sanguinho (il fiore endemico delle isole), il silenzio sulla spiaggia del lago interrotto dal fruscio delle ali dei gabbiani che facevano il bagno nelle acque, le montagne, le nuvole a cappuccio.
Mancava tanto questo, mi ero disabituata a stare nel verde.
Anche l’oceano ha regalato i suoi frutti, eccetto il pericolo rappresentato dall’invasione della terribile medusa caravella portoghese, le onde ci sono sempre state e per alcuni giorni anche davvero grandi.
Per quindici giorni abbiamo impostato le nostre giornate in veri tour de force che contemplavano trekking, surf, terme, degustazioni e passeggiate.
Giornate di mille ore in cui era letteralmente persa la cognizione del tempo e in cui il sonno spesso presentava il conto in modo del tutto inaspettato; boccate di ossigeno per i polmoni e per lo spirito, un luogo che una volta nella vita merita di essere visitato e che insegna ( se ce ne fosse ancora bisogno ) che la natura comanda e vince e noi ne siamo una piccola parte per lo più molesta.
Dopo anni su spiagge e isole tropicali, un reset ci voleva davvero… ci è voluto per riconciliarmi con sfaccettature del mio essere lasciate da parte anche senza una ragione precisa. Mi sono riconnessa con il mio io, ho ascoltato il mio respiro scandito dai passi, si sono riattivati tutti i sensi… perché ho aspettato tanto poco importa, l’importante è ripartire.