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Preparativi di viaggio: quell’insana passione per “la lista”

Come elaborare un rifiuto?

Come elaborare un rifiuto?

Non so perché alcuni di voi mi fermano e mi dicono: tu sarai piena di ragazzi, puoi avere chi vuoi. Ma quello che vedo io è che sto ricevendo una collezione di rifiuti imbarazzanti. La scrittura è terapia, oggi questa è la mia. Andiamo a capire come mi sento oggi e quando sono rifiutata.

Chi mi conosce lo sa, a Dicembre mi è successo un patatrac difficile da gestire. Una storia internazionale, per cui avevo letteralmente perso la testa. Ma dato che sono coach proviamo a capire meglio ogni singolo punto facendo domande.

Cosa ha voluto dire perdere la testa per me?

Perdere la testa per me ha voluto dire aprire senza remore le porte alla forza creatrice dell’amore. Le mie convinzioni nei confronti di questa relazione mi hanno portato a:

  • lasciare la città che mi aveva ospitato per 11 anni e tornare temporaneamente a casa dei miei
  • imparare una lingua nuova in un mese e mezzo
  • viaggiare in nave anche per 21 ore per raggiungere la meta in piena pandemia
  • iniziare a crearmi possibilità lavorative che mi permettevano di muovermi tra nazioni solo con un pc e lottare per questo

Queste cose io le ho fatte ma non me ne sono accorta, nel senso ora le vedo ma non è stato uno sforzo. Lo sforzo lo vedevo quando affrontavo qualche scoglio nella relazione:

  • problemi di convivenza
  • disallineamento di valori
  • perdita di interesse da parte dell’altro

Quindi è successo… ad un certo punto dopo un viaggio intercontinentale, una tappa a Madrid e una a Minorca, sono stata lasciata. Sono stata rifiutata, su Zoom. Ah, i tempi moderni.

Elaborare il rifiuto…

Beh, non è stato facile… e non è ancora finita.

Come sapete mi sono ritrovata in un paesino bellissimo e vista mare, dove però molte delle mie qualità non vengono nemmeno notate. Mi sono isolata in una casina che mio papà aveva sfitta (menomale), e mi sono ritrovata in un letto con il covid e un mal d’orecchio che è durato 10 gg, che ho dovuto mettere in pausa anche qualsiasi elaborazione. Dovevo stare bene.

L’elaborazione del rifiuto è stata al vetriolo, sono una che deve sputare tutto fuori per evitare di morire dentro. In realtà diciamo che non l’accettavo proprio. Grazie a un corso di coaching e alle mie fantastiche compagne colombiane e alle mie coach di Madrid, sono sopravvissuta.

Se digiti su Google come elaborare un rifiuto trovi:

 Strategie per imparare ad accettare il rifiuto
  1. Non sentirti in colpa.
  2. Riconosci (e accetta) il tuo dolore.
  3. Non opporre resistenza.
  4. Prenditi cura di te stessa.
  5. Metti in pratica l’autoaffermazione.
  6. Non lasciare che il rifiuto ti fermi.

Io non l’ho cercato all’epoca, ma l’ho fatto oggi. Perché sapete cosa è successo? Sono stata rifiutata, di nuovo e su whatsapp!

Cosa è successo con il secondo rifiuto?

Essendo quella che era successa una cosa da poco, e avendo accettato – per una persona educata e rigida come me sul tempo e i ritardi – anche quello che era inaccettabile nel rispetto dell’altra persona. Il secondo rifiuto ha riaperto la ferita del primo.

Se guardo ai punti che Google suggerisce, io non ho dubbi che per elaborare il primo ho lavorato molto sul 6.

Non lasciare che il rifiuto ti fermi

Cavolo, sono stata bravissima. La forza creatrice dell’amore era presente in me anche se ero devastata dal primo rifiuto. Mi sono messa in casa, ho continuato a lavorare, ho creato un’accademia. Ho creato qualcosa da zero. Questo mi fa l’amore quando mi prende la testa, mi fa creare, mi fa attingere dalla Lety artista che sono e faccio cose miracolose. Amo la forza creatrice dell’amore. Anche se ero devastata.

Riconosci e accetta il tuo dolore

Il secondo punto è stato un capo saldo del coaching (sempre nel primo rifiuto), da riconoscere c’era poco. C’era da accettarlo. E’ che sono talmente sensibile che accettare un dolore che è più grande del mio universo immaginabile non è stata cosa da poco. Come abbiamo fatto? Abbiamo diviso tutto questo dolore in piccoli pezzettini, e ogni giorno ne abbiamo affrontato uno… 6 mesi… non una passeggiata.

Non opporre resistenza

L’ho fatto nel primo rifiuto, ho opposto resistenza. Per questo ci ho messo così tanto e non ho ancora finito. La storia era finita con un ritardo del ciclo e una palese volontà del compagno di non proseguire la gravidanza qualora il ritardo dipendesse da quello. Ora, menomale il ritardo dipendeva dal viaggio intercontinentale che avevo fatto che mi aveva scombussolato. Ma cosa è successo? E’ successo che si è recidivato qualcosa. Io mi tappavo il naso e stringevo i denti, lavoravo, lavoravo un sacco, ero normale per la maggior parte del tempo ma a distanza di mesi, come una recidiva, tutte le volte che avevo il ciclo elaboravo il rifiuto. Pianti, implacabili. Rabbia. Pianti. Riscrivevo all’ex. Ci sono voluti 7 mesi per levarmi questo strano modo di elaborare. Devastante.

Prenditi cura di te

Io mi sono presa cura di me fin dal primo momento dal primo rifiuto. Non mi sono esposta a persone o cose che mi potessero fare male. Ero senza pelle, senza armatura in quel momento, ho lasciato avvicinare solo le persone che ce la potevano fare a sostenere quel sorriso che mascherava una voragine e abbiamo fatto un gran bel lavoro. Il Bar era il mio luogo preferito, nessuno mi conosceva, ma tutti si prendevano cura di me. Qualcuno ogni tanto mi chiedeva come stavo, nessuno sapeva cosa stavo passando. Ma io lì mi sentivo al sicuro. Io in casa stavo al sicuro. Uscivo poco, la gente e le emozioni della gente per una empatica come me possono essere devastanti. Ma abbiamo fatto un gran lavoro. Ho fatto un gran lavoro.

Metti in pratica l’autoaffermazione

Con il secondo rifiuto è successo un po’ questo. Essendo una cosa minore, nel paesello dove sono cresciuta, ho sprazzi in cui dico “sono io che ho sbagliato a mettermi in una situazione del genere, manco dovevo dargli la possibilità di avvicinarsi”. Valori completamenti diversi. Però diciamo che su questo devo ancora lavorare.

Non sentirti in colpa

Sentirmi in colpa è il mio secondo lavoro. Mi sono sentita in colpa la prima volta. Mi sono sentita in colpa la seconda volta. E pago una psicologa per farmi dire che chiedere di dirti se si è in ritardo, o che avere manie ossessive compulsive in casa sono problemi degli altri e non miei. Eppure a me rimane sempre l’amaro di aver sbagliato qualcosa. Di aver chiesto troppo. Soprattutto in questo caso in cui anche se non c’è un oceano di mezzo, il confronto finale è avvenuto su whatsapp perché nel 2022 i grandi uomini fanno così.

Quindi come sto?

Rifiutata.

Ma non va così male, il 20 Ottobre partirò per il Perù e sono convinta che il mio rientro porterà tante nuove idee. Io non sono una che cerca storie, non mi sento ancora pronta, anche l’ultimo incontro non era stato cercato. Quindi non ho intenzione di trovare qualcuno per forza.

Anche se il Conad ultimamente mi da tante soddisfazioni!

In ogni caso, ora so cosa voglio:

  • uno che non importa quanto la vita sia incasinata, ma ogni 5 minuti liberi faccia il possibile per farmi sapere che c’è
  • uno che mi faccia sentire desiderata e soprattutto che vado bene così come sono (perché io per indole accetterò la merda sua, tra cui anche scordarsi di me più e più volte)
  • uno puntuale e che non si scordi di passare da me per 3 volte di fila
  • uno che sappia stare accanto a un’imprenditrice digitale con poca autostima ma tanta stoffa

Come si elabora il rifiuto?

Non lo so, ma se volete un consiglio chiedete a Google.

Io mi sa che come nel monopoli torno indietro passando dal VIA e rinizio da capo. Perchè il rifiuto è una ferita, e la mia era grande da qui a Minorca.

Ma ce la facciamo eh.

Un bacione

LeTy – GaGa

 

 

 

Letizia Vallini

Letizia Vallini

Alla soglia dei 30 anni sono tantissime le cose che ha da raccontare. Nativa di Rosignano e di adozione Veronese, nel suo cuore e nella sua mente sogna da un po' gli States. Per cercare di non perdere tutto ciò che le accade, cerca di parlarne: attraverso la radio, la scrittura, l'arte, attraverso il suo lavoro - si occupa di web marketing e community management, colora la sua vita di tinte brillanti. Anche se si sente grata davvero solo quando si accorge di riuscire a colorare un momento della vita degli altri, che sia un secondo, un giorno o il tempo che ci vuole :) .

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