Vorrei scrivere un tributo a Gubbio.
Sì, perché in queste ore Gubbio è popolare esclusivamente per la notizia dell’intossicazione alimentare collettiva in un ristorante mangiando pesce e relative scene apolattiche di dissenteria fulminante (e non solo), con tanto di audio che narrano le vicende. Le foto sui social pare siano fake, invece.
Gubbio merita di essere trattata per bene, da almeno vent’anni invece riceve cattiva pubblicità.
Cattiva pubblicità? Cioè?
Eh, poi lo spiego. Intanto partiamo con la descrizione, che potrebbe essere copiata da Wikipedia ma invece……. (è vero).
Gubbio è un comune italiano di 30.520 abitanti della provincia di Perugia in Umbria. È una bella cittadina, storica. È strettamente legata alla storia di san Francesco, in particolar modo a un evento della sua vita citato nel XXI capitolo dei Fioretti di San Francesco, cioè l’incontro con il “lupo” avvenuto nei pressi della chiesa di Santa Maria della Vittoria, detta della Vittorina; l’episodio miracoloso è uno dei più conosciuti al mondo e sulla veridicità storica si è dibattuto a lungo: è possibile che il lupo, o la lupa, sia metafora di un bandito riconciliato con la città da Francesco, ma molti studiosi parlano di un animale vero.
A Gubbio, Francesco si rifugiò dopo essersi allontanato da Assisi, trovando asilo presso la famiglia degli Spadalonga, e proprio qui avvenne la vera conversione, in quanto l’aver vissuto insieme ai poveri e ai lebbrosi del posto cambiò radicalmente la sua vita. Proprio per questo motivo, la città è attraversata da diversi sentieri percorsi ogni anno da migliaia di pellegrini, tutti nel nome del santo. Uno di questi è chiamato il cammino di Assisi.
Ci sono monumenti religiosi affascinanti come il Duomo di Gubbio, la chiesa di San Francesco, la Cattedrale dei Santi Mariano e Giacomo, la chiesa di San Francesco, la chiesa di San Giovanni Battista e civili come Palazzo Ducale, Palazzo Ranghiasci-Brancaleoni… Inoltre come non citare la Gola del Bottaccione che è un sito scientifico di rilevanza mondiale.
Però… eh, qui arriva la cattiva pubblicità.
Dal 2000 al 2013 Gubbio è stata la location di “Don Matteo”, che non vi sto a raccontare perché immagino la conosciate tutti. “Don Matteo” è sicuramente una fiction bella, perlomeno a me piace, non è che guardi fisso tutte le puntate ma quando capita la vedo volentieri. Comunque sia, sapete che “Don Matteo” si basa su un parroco che scopre gli assassini prima delle forze dell’ordine. Da qui, due considerazioni:
- Cattiva pubblicità alle forze dell’ordine, che ogni volta si fanno anticipare dal parroco (bravo lui eh, ci mancherebbe, però via, posso capire una volta, due volte, ma questi son vent’anni che arrivano sempre dopo il prete, c’è qualcosa che non va);
- Gubbio viene dipinta non dico come il Bronx ma quasi, visto che almeno una volta a settimana c’è un omicidio od un tentato omicidio.
Ora, secondo voi: è stata una buona pubblicità? Uno può dire “vado in vacanza a Gubbio, un bel posto rilassante”. Eh, col cavolo, visto che le sirene dei carabinieri suonano spesso. C’è chi ama andare a visitare i luoghi di tragedie eh (“Omicidio all’italiana” di Maccio Capatonda ne fece una succosa parodia) però via, c’è un limite a tutto, infatti nel 2013 evidentemente qualcuno ha detto ai produttori della fiction “sapete cosa c’è? Ora basta” e sono andati a Spoleto e sarebbe da parlare anche di Spoleto ma finché non ci sarà l’Armageddon marrone in un ristorante tutto questo passerà sottotraccia.
Ora non so se Gubbio come numero di visitatori è tornata ai bei tempi di venticinque, trenta, quaranta (ed a scorrere) anni fa. Anzi, non so nemmeno se questi bei tempi li abbia mai avuti, però magari sì, è un bel posto.
Di sicuro vi consiglio di andarci. Non ci sono più omicidi sistematici (teoricamente il giovedì sera era il momento con più assassinii) e poi oh, anche se fosse vera ‘sta cosa dell’intossicazione… non è che tutte le volte in tutti i ristoranti sarà sempre così, su. A meno che qualcuno non ci faccia una fiction ma spero di no.
Gubbio, ti ho fatto bella pubblicità. Se hai qualche abitante femmina sui trenta-trentacinque anni single, fatti sentire.
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