Il viaggio di andata in Perù è stato caratterizzato da un ritardo di più di 5 ore, che mi ha fatto passare la notte all’aeroporto di Madrid-Barajas… niente panico, è stato tutto molto divertente! Ve lo racconto…
Arrivo con il mio solito anticipo di più di 3 ore all’aeroporto di Roma Fiumicino, mentre la mia migliore amica era entrata in travaglio quando ero sul Leonardo Express che partiva da Termini, e io seguivo curiosa il tutto tramite i suoi messaggini di whatsapp.
Sapevo che ad un certo punto non mi avrebbe più scritto, ma in realtà è stato tutto molto veloce e Cloe è nata prima che prendessi l’aereo per Madrid. E quindi, già che ci siamo, diamo anche il benvenuto a lei in questo articolo.
Ore 18:00
Una volta nata, prendo il mio aereo e arrivo a Madrid dove avrei dovuto aspettare 3 h la coincidenza per Lima. Ancora sull’aereo, quando siamo atterrati, accendo il mio telefono e ricevo una mail in cui si diceva che la partenza del volo per Lima era stata ritardata di 4 h.
Accanto a me un signore visibilmente peruviano si sveglia, ricordo che prima lo avevo sentito parlare in spagnolo e avevo capito che sarebbe andato a Lima – anche lui. Allora lo avverto del ritardo. Il signore, sulla cinquantina, molto tranquillamente mi guarda e mi dice sorridendo: “questo potrebbe essere un bel problema”. Poi mi da la mano e si presenta: “Piacere, Robert”.
Non c’era malizia, non c’era rabbia, solo la sana accettazione di un fatto che avremmo dovuto affrontare e forse qualcosa di vagamente familiare, che capirò solo durante la notte.
“Facciamo i controlli e poi andiamo a preguntar” mi dice Robert con il suo italiano spagnoleggiante.
Dopo i controlli lo perdo, perché io sono dovuta passare dal controllo elettronico con passaporto Europeo. Mentre Robert al controllo manuale Peruviano.
Ma tanto quando è destino è destino.
Mi ero fermata in un bar e ad un certo punto vedo Robert che mi urla “ci fermiamo qui?”. In un batter d’occhio prendo i posti e mi accaparro così un tavolino, dove appoggio l’insalata di salmone e il cookie al cioccolato per darmi un po’ di energia che avevo appena comprato. Eravamo da Starbucks.
Ore 22:00
Arriva Robert, si siede con la sua birra, iniziamo a parlare. Stabiliamo che per il ritardo non avremmo potuto fare niente. Fa 2 o 3 chiamate, capisco che fa il giornalista. Che dire, tra simili ci si riconosce e per questo siamo da Starbucks, avremmo potuto lavorare. Mi spiega che lui è un appassionato di Amazzonia da dove viene, ma si divide tra Lima e Roma. Mi dice che ha il cellulare scarico, e in meno di 3 secondi mi accaparro il tavolino appena liberato accanto alla presa elettrica, ci traslochiamo e Robert mi dice: “tu si che viaggi tanto”. Le prese elettriche, negli aeroporti, ragazzi ricordatevi l’importanza delle prese elettriche.
Ore 23:00
Continuiamo a conoscerci e a chiacchierare, se dobbiamo passare qui la notte meglio farlo in compagnia – penso tra me e me. Dopo 2 ore Starbucks chiude e ci butta fuori, Robert si ricorda che devo andare in bagno, mi aspetta fuori e quando esco lo trovo a banchettare con altre 4 signore. Una viene a Lima, le altre hanno differenti destinazioni. Robert tiene il palco come uno showman.
Caspita che serata mi si prospetta.
Ci sediamo intorno a questa colonna centrale, indovinate perchè? Perché ci sono le prese nel mezzo. Tutti i cellulari a caricare. Ci scambiano per una coppia e io e Robert glielo facciamo credere, per poi spiegare che ci siamo appena conosciuti e che non si sa come abbiamo iniziato ad affrontare questa lunga attesa insieme. Anche se poi tutto ha un senso, tutto torna.
La gente è stanca, iniziano a circolare voci che l’aereo non sarebbe partito nemmeno alle 5 del mattino. Cerco di placare subito le fake news, e dico a Robert che dobbiamo chiamare, chiedere, domandare. Iniziamo a cercare numeri di telefono ma niente, nel frattempo alcune compagne ci abbandonano e Robert mi chiede di camminare un po’. L’aeroporto è ormai quasi deserto, sono presenti solo coloro che si devono imbarcare sul nostro volo, eppure mentre camminiamo qualcuno riconosce il mio compañero e lo chiama: “Padre Robert”.
Se c’è una cosa che ho scoperto è che le cose vanno come devono andare, e che io sono diventata assertiva e ho appreso un po’ meglio a chiedere cosa voglio. Ma Robert è un prete missionario, forse mi avrebbe preso sotto la sua ala anche senza parlare questa notte. Ma sono contenta di averlo fatto io.
Ore 00:00
Dopo 5 minuti di stupore per il fatto di non essermi accorta che era prete capisco perché tutto mi suonava così familiare. Frensis se stai leggendo, era il te del Perù. E proprio perché tu non ci sei più, caro mio, e perché io dovevo passare ancora 4 h, abbiamo individuato un altro bar (l’unico aperto h24) e gli ho detto molto assertivamente: “Robert ora devi ascoltare una storia lunga 2 ore perché io devo raccontarla”.
Robert ascolta la mia storia del maialino salvadenaio, della mia ultima delusione amorosa e poi mi regala queste perle:
- L’amore è come una danza. Dove ognuno fa la sua mossa e tutto comunica. “Perché tu hai lasciato quel regalo?” Mi chiede. “Per ottenere una reazione”, rispondo. “E Perché lui ti ha scritto? Cosa c’è dietro al messaggio, non a quello che c’è scritto ma all’atto di inviare il messaggio?” Tutto comunica, non puoi far altro che fare la tua mossa e vedere che succede.
- La tecnica del cestino: per stare con una persona non si possono riservare rancori. Ogni sera prima di andare a letto bisogna svuotare quel cestino che altrimenti ci farà agire in modo sbagliato, con la pesantezza di tanti macigni, di tanti cavilli, di tanti pensieri, che oggi non hanno più senso di esistere perché appartengono a ieri.
- Io l’ho evangelizzato. E poi mi ha ringraziato. Cioè dopo 2 ore in cui l’ho rimbambito di chiacchiere lui mi ha ringraziato spiegandomi che io lo avevo EVANGELIZZATO.
Ore 2:00
Nel mentre arriva anche il ragazzo che lo aveva salutato prima, anche lui prete a Bari, ovviamente di origine peruviane. Poi ci viene a salutare il Sacerdote. Insomma, un volo santificato.
La notte passa, il gruppo è compatto. I don fanno battute da prete e mi parlano del fatto che non capiscono perché i preti diocesani non si sentono missionari. Perché in realtà siamo tutti missionari, chiedo se anche io sono missionaria (in vari momenti questa notte avrei voluto essere un prete per sentirmi all’altezza) e me lo confermano.
Ore 5:00
Mi sento a casa, e finalmente ci imbarchiamo. Arriviamo a Lima dopo 12 ore e ci salutiamo.
Io una nottata così, non me la sarei mai immaginata.
Grazie Robert, Grazie Jhon.
La mia vita, anche se non è proprio come vorrei è strafiga, mi diverto un sacco e ho imparato a prendere il bello in ogni situazione. Anche in un viaggio di 30 h.
Ma so che c’è il tuo zampino Frencio, perché per come sto io avevo bisogno di parlare… e tu mi hai ascoltato.
Data l’intensità, ho paura del viaggio di ritorno 🤣
A cuore aperto
LeTy – GaGa