Le mie letture del 2022, seconda parte
Benvenuti, o ben tornati, tra queste pagine.
Come promesso, ecco la seconda parte delle mie letture preferite dell’anno appena trascorso, delegando la sezione “fumetti e altro” alla terza parte.
Buona lettura!
Marco Missiroli – Avere tutto
Avevamo guardato la partita in punta di sedia, con lui che si era inalberato per i colpi sbagliati di Nadal ma tifando anche per Federer appena aveva capito che soffriva di mal di schiena. E quella fretta già in corso: la fretta di tornare a casa per raccontarle tutto.
Torna Missiroli con un nuovo romanzo. A me piace da morire, ma non ero riuscito ad apprezzare troppo Fedeltà, per me un pochino troppo pettinato.
Qui, invece, si dà, e si concede a noi lettori, alla pazza gioia, con un racconto che, come tutte le grandi narrazioni, si trova a fare i conti coi temi cardine che muovono l’individuo: l’amore e la morte.
L’amore per la vita, l’amore per l’amore e l’amore per le storie. Perché sì, questo libro, oltre a essere una grande lettera d’amore a un mondo che sta lentamente scomparendo, parla allo stesso modo, e con la stessa dolcezza incredibilmente violenta, della speranza verso il futuro, e di come, se fuggiamo, o rifuggiamo il passato, non ci possa essere futuro.
Valerio Magrelli – Geologia di un padre
Geologia di un padre, come suggerisce il titolo, è uno scavo nella memoria, nei frammenti e nei ricordi di Valerio Magrelli: l’Io narrante. Ricorrendo al montaggio degli elementi più disparati (voci enciclopediche, brandelli di giornale, aneddoti, e chi più ne ha, più ne metta) l’autore crea un’opera sui generis, che rifiuta le convenzioni di genere e approda nel territorio liminale che interseca biografia, autobiografia e racconto di formazione; quest’ultimo inteso non nell’accezione canonica, ma come un iter che ripercorre la formazione identitaria dell’adulto.
L’ho trovato straordinario perché questi racconti riescono così bene a trascendere il personale e il particolare di cui sono, intrinsecamente, intrisi per raggiungere l’universale e riuscire a parlare a tutti.
“Mio padre amava la musica classica, ma fino a un certo punto. Uno dei grandi dolori che dovetti affrontare, fu quando compresi di averlo superato, nei gusti,nelle competenze, nelle informazioni. È la cosa piú bella che possa accadere a un genitore o a un maestro, certo, ed egli sapeva apprezzarla. Però, almeno all’inizio, scoprirmi superiore a lui in qualcosa, me lo fece apparire fragilissimo,
e soprattutto, per la prima volta, mi diede il senso della mia fragilità: non c’era piú nessuno a ripararmi, anzi, adesso ero io a dovermi prendere cura di qualcuno.
Accadde quando, il giorno del suo compleanno, decisi di regalargli un disco di Schönberg. Lo vidi prima sorpreso, poi indifferente. Avevo toccato il punto in cui la sua cultura, molto semplicemente, si arrestava. Il mio dio non prevedeval’esistenza della dodecafonia. Dunque i suoi superpoteri non erano infiniti.
Questo fu il vero scandalo che dovetti affrontare.”
Tommaso Lisa – Memorie dal sottobosco
Questo libro è meraviglioso, ma purtroppo non lo conosce nessuno.
Veramente nessuno, al punto che, trovandomi ad aggiungerlo su Goodreads, ho dovuto creare io stesso la pagina dedicata.
Può un testo che analizza il Diaperis Boleti, e molti altri coleotteri poco noti, emozionare e far riflettere sulla condizione umana, universale e particolare? Assolutamente sì e questa ne è la dimostrazione. Con l’infinitamente piccolo, non riusciamo a risolvere l’infinitamente grande, ma sicuramente possiamo scomporlo, analizzarlo, e far luce su altrettanti aspetti che compongono e abitano l’infinitamente grande.
“Cosa può dire la scrittura di fronte a questa sovrabbondanza orgiastica, a tale eccesso di disponibilità per cui il reale è potenziato a dismisura, ingrandito e splendente, a portata di mano e senza più alcun segreto?
La scrittura infittisce con intenzione, dubbi ed enigmi per dare valore a qualcosa che altrimenti è oscenamente evidente.”
Vorrei prendere a testate il me del passato (di pochi mesi fa, in realtà), quello sciocco che reputava questo testo “solo” un compendio di coleotteri poco conosciuti.
Jennifer Egan – Il tempo è un bastardo
Lirici, spietati e sinceri, i racconti che collegano questa raccolta sono un condensato di umanità, di temporalità e di mortalità.
Stilisticamente impeccabile (nonché originalissimo) e narrativamente molto affascinante.