C’è ancora domani?
È la domanda che mi sovviene in queste ultime ore.
Partiamo proprio dalla spiegazione del titolo, che prende ispirazione dal film elogiatissimo (giustamente) di Paola Cortellesi, “C’è ancora domani”, la cui trama è la seguente:
Delia è “una brava donna di casa” nella Roma del dopoguerra: tiene il suo sottoscala pulito, prepara i pasti al marito Ivano e ai tre figli, accudisce il suocero scorbutico e guadagna qualche soldo rammendando biancheria, riparando ombrelli e facendo iniezioni a domicilio.
Secondo il suocero però “ha il difetto che risponde”, in un’epoca in cui alle donne toccava tenere la bocca ben chiusa. E Ivano ritiene sacrosanto riempirla di botte e umiliarla per ogni sua “mancanza”.
La figlia Marcella sta per fidanzarsi con il figlio del proprietario della pasticceria del quartiere, il che le darebbe la possibilità di migliorare il suo status e allontanarsi dalla condizione arretrata in cui vive la sua famiglia, nonché da quella madre sempre in grembiule e sempre soggetta alle angherie del marito.
Per fortuna fuori casa Delia ha qualche alleato: un meccanico che le vuole bene, un’amica spiritosa che la incoraggia, un soldato afroamericano che vorrebbe darle una mano. E soprattutto, ha un sogno nel cassetto, sbocciato da una lettera ricevuta a sorpresa.
Un film bello, direi doveroso. Inoltre, sabato 25 novembre è la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne. In molti paesi, come l’Italia, il colore esibito in questa giornata è il rosso e uno degli oggetti simbolo è rappresentato da scarpe rosse da donna, allineate nelle piazze o in luoghi pubblici, a rappresentare le vittime di violenza e femminicidio.
Tutto giusto, necessario.
Però… c’è un però. Un grosso però.
Una statistica che urla
Ieri è stata aggiornata la tragica statistica dei femminicidi qui in Italia da inizio anno: centocinque. CENTOCINQUE.
Capito? Sta diventando ormai una statistica. E mancano ancora una quarantina di giorni alla fine del 2023. Se facciamo la media, sono almeno quattro femminicidi al mese.
Va benissimo il film della Cortellesi, che spero venga fatto vedere nelle scuole. Va benissimo la Giornata Internazionale per l’eliminazione della Violenza contro le Donne. Ma non basta, non può bastare.
È proprio un problema culturale, di educazione, di società malata, tossica, maschilista, patriarcale. Lo dico da maschio, da ex fidanzato che ha lasciato ed è stato lasciato, che ha sofferto ed ha fatto soffrire.
Nel concreto, però, cosa si potrebbe fare?
Azioni concrete
Per superare la cultura patriarcale e la società maschilista, dell’amore visto come possesso, non c’è – ovviamente, purtroppo – una soluzione semplice e immediata. Si tratta di un processo lungo e complesso, che richiede il coinvolgimento e la responsabilità di tutti, donne e uomini, soprattutto delle famiglie di provenienza. Alcune possibili azioni che potrebbero contribuire a questo cambiamento potrebbero essere:
- Educare al rispetto delle differenze di genere fin dall’infanzia, insegnando ai bambini e alle bambine il valore dell’uguaglianza, della diversità e dell’inclusione. Inoltre, è importante educare alla sessualità, al consenso e alla prevenzione, per favorire una relazione sana e consapevole tra i partner.
- Combattere la cultura patriarcale sfidando gli stereotipi di genere, che vedono le donne come oggetti di possesso e gli uomini come dominatori. È importante combattere il sessismo, il maschilismo, che alimentano la discriminazione e la violenza di genere.
- Promuovere la parità di genere rafforzando le leggi e le politiche che tutelano i diritti e le opportunità delle donne, in tutti gli ambiti della vita. Promuovere la partecipazione e la rappresentanza delle donne nelle istituzioni, nella politica, nella cultura, ecc.
- Sostenere le donne vittime di violenza garantendo loro una protezione adeguata e un supporto psicologico e sociale. Sostenere le reti di solidarietà e di aiuto tra le donne, che possano offrire loro sostegno, ascolto e accompagnamento.
- Sensibilizzare gli uomini al problema della violenza sulle donne, coinvolgendoli in campagne e iniziative che li rendano consapevoli delle conseguenze della loro condotta e li incoraggino a cambiare. Oltre a questo, sostenere gli uomini che si oppongono alla cultura patriarcale e che si impegnano per la parità di genere.
Mi sa che nemmeno queste potrebbero bastare, ma intanto sarebbero già qualcosa, un passo avanti.
Una domanda urgente
All’inizio dell’articolo, e nel titolo, mi chiedo: “C’è ancora domani?”.
Secondo me sì, anche se è tardi, il domani doveva già esserci decenni fa.
Purtroppo non si può tornare indietro, ma l’importante è che l’alba arrivi il prima possibile, affinché non diventi routine aggiornare quella tragica statistica.
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