Ho intervistato Dante Alighieri.
Come primo articolo di “Comunque sia”, evoluzione di “Non so che scrivere…”, ho intervistato il Sommo Poeta, il padre della lingua italiana.
Ma come hai fatto? (domanda immaginaria)
Niente di trascendentale o di soprannaturale. Però ve lo dico alla fine, ora lasciamo spazio al Protagonista.
Buona lettura!
Dante Alighieri e Beatrice: un amore eterno
Dante, come ha conosciuto Beatrice, la Sua musa ispiratrice, e cosa ha provato nel vederla per la prima volta?
Ho conosciuto Beatrice quando avevo nove anni, e lei ne aveva otto. Era il primo giorno di maggio del 1274, e io la vidi in una festa, vestita di rosso, tra due donne più grandi. Il suo viso era angelico e il suo sguardo era dolce. Io rimasi subito colpito dalla sua bellezza e dalla sua grazia, e sentii nascere in me un amore puro e forte, che non mi ha mai abbandonato.
Come scrissi nella Vita Nova, “apparve a me una gentilissima giovane, la quale era già stata da molti miei amici assai lodata; e non solo da loro, ma da tutte le genti, quasi come una cosa mirabile. E chiamavasi questa gentilissima Beatrice, la quale forse fu chiamata da quel che dice il poeta Lucano: ‘Quæ miserando altera fato nomen habet’ . Io dico che non solamente il suo nome, ma tutta la sua persona, cioè la sua qualità e la sua figura, pareva essere una cosa benedetta da Dio”.
La formazione culturale di Dante
Qual è stata la Sua formazione culturale e quali sono stati i Suoi maestri e i Suoi modelli letterari?
Ho ricevuto una formazione culturale molto ampia e varia, che mi ha permesso di acquisire conoscenze e competenze in diversi campi, tra cui la letteratura, la filosofia, la teologia e le scienze.
Ho studiato le arti del trivio e del quadrivio, che rappresentavano l’educazione di base nel Medioevo. Inoltre ho letto le opere dei poeti e dei filosofi antichi, sia latini che greci, e ho approfondito le dottrine della teologia cristiana. Infine, ho frequentato le scuole e le università di Firenze, di Bologna e forse anche di Parigi, dove ho avuto modo di confrontarmi con i maestri e gli studenti più illustri del mio tempo.
Tra i miei maestri e i miei modelli letterari, ricordo Brunetto Latini, Guido Cavalcanti e Virgilio. Brunetto Latini mi ha insegnato le arti del dire e del fare, e mi ha dedicato il suo Tesoretto. Guido Cavalcanti era il mio migliore amico e il più grande poeta del Dolce stil novo, il movimento poetico a cui io stesso appartengo. Virgilio era il poeta romano autore dell’Eneide, che ho sempre ammirato e imitato, e che ho scelto come mia guida e maestro nel viaggio nell’oltretomba, descritto nella Commedia.
La scelta della lingua volgare per la Commedia
Perché ha scelto di scrivere la Commedia in volgare e non in latino, come era consueto all’epoca?
Ho scelto di scrivere la Commedia in volgare, cioè nella lingua parlata dal popolo, e non in latino, cioè nella lingua usata dai dotti, per diversi motivi. Innanzitutto, perché volevo che la mia opera fosse accessibile e comprensibile al maggior numero di lettori possibili, e non solo a una ristretta cerchia di eruditi.
In secondo luogo, perché volevo esaltare la dignità e la bellezza del volgare, che era spesso considerato una lingua inferiore e inadatta a trattare argomenti elevati e sublimi. In terzo luogo, perché volevo contribuire a creare una lingua comune e unitaria per tutta l’Italia, che fosse capace di esprimere la varietà e la ricchezza delle sue tradizioni e delle sue culture.
Per questo, ho scelto il volgare fiorentino, che mi sembrava il più armonioso e il più aderente alla pronuncia latina, ma lo ho arricchito e perfezionato con elementi presi da altri volgari italiani, e anche da parole latine, greche, francesi, provenzali, ebraiche, arabe. Ho scritto anche un trattato, il De vulgari eloquentia, in cui ho spiegato le ragioni e le regole della mia scelta linguistica, e ho indicato i criteri per comporre in modo elegante e corretto in volgare.
La struttura della Commedia
Come ha concepito la struttura della Commedia, divisa in tre cantiche e in cento canti, e qual è il significato dei numeri che la regolano?
Ho concepito la struttura della Commedia come una rappresentazione simbolica e armonica dell’universo. L’opera è divisa in tre cantiche, ognuna dedicata a uno dei tre regni dell’aldilà: Inferno, Purgatorio e Paradiso. Ogni cantica è composta da 33 canti, più un canto introduttivo.
La scelta di questi numeri è simbolica:
- 33 è il numero perfetto, il numero di Cristo, il numero della Trinità e della trasgressione.
- 11 è il numero della trasgressione e della penitenza.
- 100 è il numero della completezza e della perfezione.
Ho scelto anche di scrivere i miei versi in terzine incatenate di endecasillabi. Questa forma metrica crea un effetto di continuità e di coesione, ed è adatta a esprimere la varietà e la complessità dei temi e dei toni della Commedia.
I personaggi della Commedia
Come ha scelto i personaggi che popolano l’Inferno, il Purgatorio e il Paradiso, e quali sono stati i criteri che ha usato per assegnare loro le pene o le glorie?
Ho scelto i personaggi della Commedia tra quelli che hanno vissuto prima o durante la mia epoca, e che rappresentano le diverse categorie di peccatori o di beati. Ci sono anche alcuni personaggi mitologici o leggendari, che simboleggiano le forze del male o del bene. Sono presenti anche alcuni personaggi biblici o storici, che illustrano le vicende della salvezza o della dannazione.
I criteri che ho usato per assegnare loro le pene o le glorie sono stati quelli della giustizia divina, che premia o punisce le anime secondo le loro opere e le loro intenzioni. Ho seguito la dottrina della teologia morale, che classifica i peccati e le virtù in base alla loro gravità e alla loro natura. Ho anche seguito la dottrina della filosofia naturale, che spiega i rapporti tra le qualità degli elementi e le passioni dell’anima. Infine, ho seguito anche la dottrina della poesia allegorica, che usa le immagini e le figure per esprimere i concetti e i valori.
Ho cercato di rendere le pene e le glorie proporzionate e contrappassate ai peccati e alle virtù, cioè di farle corrispondere in modo simmetrico o opposto alla colpa o al merito. Inoltre ho anche cercato di rendere le pene e le glorie simboliche e significative, cioè di farle rappresentare in modo figurato il senso e il fine della giustizia divina.
La visione filosofica e teologica di Dante Alighieri
Qual è il Suo rapporto con la filosofia e la teologia, e quali sono state le fonti principali che ha consultato per la Sua opera?
Ho studiato la filosofia e la teologia con passione e rigore, cercando di apprendere e assimilare le dottrine e i metodi dei più grandi pensatori del passato e del presente. Ho ammirato queste discipline come le più nobili e le più alte, che si occupano delle questioni più importanti e più profonde dell’esistenza umana.
Tuttavia, ho anche criticato la filosofia e la teologia quando mi sono sembrate inadeguate o errate. Ho usato queste discipline come strumenti e come fonti per la mia opera, per dare una base solida e una spiegazione chiara ai concetti e ai valori che ho voluto esprimere e trasmettere.
Le fonti principali che ho consultato per la mia opera sono state la Bibbia, Aristotele, Platone, san Tommaso d’Aquino, san Bonaventura, san Bernardo di Chiaravalle, san Francesco d’Assisi, Boezio, Ovidio, Lucano e Stazio. Ho anche consultato molti altri autori, che ho citato e ringraziato nella mia opera.
L’esilio da Firenze
Come ha vissuto il Suo esilio da Firenze e quali sono state le città che L’hanno ospitato durante la Sua vita errante?
Ho vissuto il mio esilio da Firenze come un’esperienza dolorosa e ingiusta, che mi ha privato di tutto ciò che amavo. Allo stesso tempo, è stata anche un’occasione per conoscere il mondo e per crescere come persona. L’esilio mi ha spinto a scrivere la mia opera, che è stata un modo per esprimere la mia sofferenza, per difendere le mie idee e per cercare la mia salvezza.
Le città che mi hanno ospitato durante il mio esilio sono state molte e diverse. In alcune ho trovato accoglienza e amicizia, in altre ostilità e inimicizia. Tra le città che ricordo con più gratitudine ci sono Verona, dove ho soggiornato presso il signore Cangrande della Scala, e Ravenna, dove ho trascorso gli ultimi anni della mia vita e dove ho terminato la mia opera.
La visione politica di Dante Alighieri
Qual è la Sua visione politica e quale ruolo ha avuto nella Sua vita e nella Sua poesia?
Ero un guelfo bianco, cioè un sostenitore della pace e della giustizia, che si opponeva alla violenza e alla tirannia. Era convinto che il mondo potesse essere un posto migliore se fosse governato da un imperatore eletto e legittimo, che rispettasse l’autonomia delle città e delle chiese.
La mia visione politica ha avuto un ruolo importante nella mia vita e nella mia poesia. Mi ha portato a partecipare attivamente alla vita pubblica della mia città, a combattere in battaglie e a subire persecuzioni. Mi ha anche spinto a scrivere opere politiche, come il De monarchia, e a inserire nella mia opera poetica numerosi riferimenti alla situazione politica del mio tempo, denunciando i mali e auspicando l’arrivo di un salvatore.
Le critiche e le polemiche alla Commedia
Come ha affrontato le critiche e le polemiche che la Sua opera ha suscitato nel corso dei secoli?
Ho affrontato le critiche e le polemiche che la mia opera ha suscitato nel corso dei secoli con serenità e con orgoglio, consapevole del valore e della novità della mia opera, e fiducioso nel giudizio della posterità. Le ho anche affrontate anche con umiltà e con gratitudine, riconoscendo i miei limiti e i miei errori, e apprezzando i suggerimenti e le correzioni dei miei lettori e dei miei commentatori.
Infine pure con apertura e con dialogo, accettando le diverse interpretazioni e le diverse letture della mia opera, e cercando di spiegare e di chiarire i miei intenti e i miei significati. Ho scritto anche delle lettere, delle epistole, in cui ho risposto ad alcune domande e ad alcune obiezioni che mi sono state rivolte, e ho dedicato alcune parti della mia opera a illustrare e a difendere le mie scelte linguistiche, poetiche, filosofiche, teologiche.
L’influenza della Commedia
Cosa pensa dell’influenza che la Sua opera ha avuto sulla letteratura e sulla cultura italiana e mondiale?
La mia opera ha avuto un’influenza enorme e benefica sulla letteratura e sulla cultura italiana e mondiale. Ha contribuito a creare e diffondere la lingua italiana, a innovare e perfezionare la poesia, a trasmettere e rinnovare la filosofia e la teologia, a rappresentare e influenzare la storia e la società, a ispirare e formare generazioni di scrittori e artisti, a educare ed emozionare milioni di lettori e spettatori.
Sono lieto e onorato di questo, perché la mia opera è il frutto di un lavoro lungo e faticoso, ma anche di una grande passione e di un amore sincero per la cultura e per l’umanità.
L’Italia di oggi
Che ne pensa dell’Italia di oggi?
Italia, Italia, o tu cui feo la sorte dono infelice di bellezza, ond’ hai funesto orlo d’intorno, ove difesa pur ti sia, guerra, guerra eterna porte dentro dal tuo proprio seno, e i piè ti cavi chi ti vorrebbe veder salda e intera… Così avrei potuto lamentarmi io, se avessi visto l’Italia di oggi, divisa e lacerata da tanti mali e scandali, priva di una guida saggia e forte, oppressa da una crisi economica e sociale, minacciata da nemici esterni e interni.
Io che sognai una monarchia universale, capace di garantire la pace e la giustizia, e che sperai nell’arrivo di un imperatore liberatore, come Arrigo VII, non posso che essere sconfortato e amareggiato dallo stato presente della mia patria. Eppure, non voglio perdere la speranza, e credo che ci sia ancora spazio per il bene, per la virtù, per l’amore, per la cultura, per la fede.
Come scrissi nel Paradiso, “l’Italia tutta fia salvatica” 2, ma “non però che ‘l suo mal non si mova”, cioè che non possa migliorare. Invito dunque i miei connazionali a riscoprire i valori che mi hanno ispirato, e a lavorare insieme per il bene comune, senza lasciarsi corrompere o ingannare da falsi profeti.
La letteratura contemporanea
Nella letteratura contemporanea c’è qualche autore che Le piace?
Ammiro i classici, ma ho apprezzato anche alcuni autori moderni, come Manzoni, Leopardi e D’Annunzio.
Manzoni ha scritto un romanzo storico, I promessi sposi, che racconta le vicende di due umili fidanzati, Renzo e Lucia. Mi ha colpito la sua capacità di intrecciare storia e finzione, di creare personaggi vividi e memorabili, di usare una lingua ricca e armoniosa, di trasmettere un messaggio morale ed educativo.
Leopardi ha scritto poesie e saggi che esprimono il suo pessimismo e il suo sentimento malinconico, ma anche la sua passione per la natura, per la scienza, per la libertà, per l’amicizia. Mi ha commosso la sua sincerità e la sua sensibilità, la sua erudizione e la sua eleganza, la sua capacità di cogliere il bello e il sublime anche nel dolore e nella morte.
D’Annunzio ha scritto opere in prosa e in versi che celebrano la vita, l’arte, l’amore, l’eroismo. Mi ha stupito la sua vitalità e la sua creatività, la sua cultura e la sua versatilità, la sua capacità di incarnare lo spirito del suo tempo e di anticipare alcune tendenze future.
Il calcio…
Segui il calcio (se sì, per quale squadra tifa)?
Non seguo molto il calcio, che mi sembra uno sport troppo violento e rumoroso, e che spesso genera discordia e fanatismo tra i tifosi. Preferisco gli sport più nobili e tranquilli, come la scherma, il tiro con l’arco, il gioco degli scacchi. Tuttavia, se dovessi scegliere una squadra per cui tifare, sarebbe quella della mia città, la Fiorentina, che ha i colori viola, come la mia casata degli Alighieri.
Mi piace il fatto che la Fiorentina abbia una storia antica e gloriosa, che abbia avuto tra i suoi giocatori alcuni campioni di talento e di carattere, come Giancarlo Antognoni, Gabriel Batistuta, Manuel Rui Costa, e che abbia una tifoseria appassionata e fedele, che sostiene la squadra anche nei momenti difficili.
…. e il Festival di Sanremo
Chi vincerà secondo Lei il Festival di Sanremo 2024?
Non conosco bene il Festival di Sanremo, che mi sembra una manifestazione musicale di scarso livello artistico, dove si esibiscono cantanti che spesso non sanno cantare, e che propongono canzoni banali e ripetitive, prive di contenuto e di forma.
Tuttavia, ho sentito parlare di alcuni artisti che si sono distinti nelle edizioni precedenti, e che forse potrebbero avere delle chance di vittoria nel 2024. Tra questi, vorrei citare Diodato, che ha vinto il Festival nel 2020 con una canzone intitolata Fai rumore, che mi ha colpito per la sua intensità e la sua semplicità, e che ha saputo emozionare il pubblico in un momento di crisi e di isolamento, causato dalla pandemia del coronavirus.
Un altro artista che mi ha incuriosito è Mahmood, che ha vinto il Festival nel 2019 con una canzone intitolata Soldi, che mi ha sorpreso per la sua originalità e la sua modernità, e che ha saputo raccontare la sua storia personale e familiare, con uno stile innovativo e coinvolgente.
Insomma, questa è stata l’intervista a Dante Alighieri. Non mi aspettavo la critica al Festival di Sanremo, però vabbè, ci mancherebbe.
Ok, ma come hai fatto ‘st’intervista?
Indovina? Grazie a CHAT GPT 4, ovvio.
Quasi quasi ci faccio un format….
Questo è il primo articolo di “Comunque sia”. Se volete leggere gli articoli di “Non so che scrivere” (il vecchio blog…) cliccate qui
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